Capitolo 2

Regime forfettario e lavoro dipendente: quando sono compatibili?

Un dipendente può aprire Partita IVA forfettaria? Esaminiamo requisiti d’accesso, limiti di reddito, vantaggi, regole fiscali e quelle relative l’attività principale svolta.

Autore: Fatture in Cloud

 

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Sei un dipendente e vorresti aprire partita IVA, per integrare il tuo reddito, senza però lasciare il tuo lavoro principale? Sappi che potresti sfruttare i vantaggi del regime forfettario.

Stiamo parlando del regime fiscale agevolato pensato per chi sceglie di avviare una nuova attività, così come per le piccole realtà imprenditoriali, che consente di accedere a una tassazione ridotta rispetto alle regole ordinarie.

Attenzione però: è necessario rispettare requisiti specifici. Non solo quelli relativi al limite di ricavi o compensi del forfettario, ma anche le regole specifiche previste proprio in relazione ai dipendenti che scelgono di aprire partita IVA nel regime agevolato.

Analizziamo di seguito insieme le informazioni da conoscere.

Regime forfettario per i lavoratori dipendenti: i requisiti da rispettare

A differenza di quanto avviene nel regime ordinario, la tassazione in regime forfettario prevede di applicare al reddito prodotto un’imposta sostitutiva - meglio nota come flat tax - che è pari al 15 per cento e che per i primi cinque anni di attività è ulteriormente ridotta al 5 per cento.

Tra i vantaggi è utile ricordare che è prevista l’esenzione dall’applicazione dell’IVA in fattura, così come la semplificazione degli adempimenti contabili e dichiarativi.

Tuttavia, per poter accedere al regime forfettario, è necessario rispondere a determinati requisiti. In primo luogo, dovrai rispettare le regole generali e, tra queste, la più importante è relativa al limite di ricavi e compensi pari a 85.000 euro.

I dipendenti però devono rispettare ulteriori regole, che determinano la compatibilità con il regime forfettario.

Non basterà infatti accertarti di non superare il limite di 85.000 euro, ma dovrai guardare anche ai redditi da lavoro dipendente che hai percepito lo scorso anno.

Dal 1° gennaio 2025, puoi accedere al regime forfettario solo se nell’anno precedente hai guadagnato meno di 35.000 euro come dipendente o assimilato (es. pensione).

Fino allo scorso anno la soglia massima era fissata a 30.000 euro, ma la Legge di Bilancio 2025 ha previsto un aumento del limite massimo con il fine di estendere i benefici della flat tax a un numero maggiore di contribuenti.

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Regime forfettario e cessazione del rapporto di lavoro dipendente

Hai perso il lavoro? In questo caso le regole di cui abbiamo parlato sopra non valgono.

Il limite di 35.000 euro non si applica infatti in caso di cessazione del rapporto di lavoro dipendente nel corso dell’anno precedente.

Si tratta di una deroga introdotta per incoraggiare i lavoratori rimasti senza lavoro (e senza pensione) nell’intraprendere un’attività autonoma.

Forfettario sì, ma attenzione ai tuoi clienti

Il limite di reddito non è però l’unico aspetto da considerare.

Al fine di evitare abusi nell’applicazione del regime forfettario, non potrai fatturare in maniera prevalente verso il tuo attuale datore di lavoro, o un’azienda per cui hai lavorato negli ultimi due anni.

A questo punto ti verrà naturale chiederti: cosa significa in maniera prevalente?

Semplificando, si parla di prevalenza quando il fatturato generato dai lavori svolti verso questi soggetti supera il 50 per cento del totale dei ricavi annui.

Non si tratta quindi di un divieto assoluto di svolgere attività nei confronti del tuo ex o dell’attuale datore di lavoro, ma di un limite da valutare complessivamente sulla base della generalità dei tuoi clienti.

Il divieto si estende anche ai soggetti direttamente o indirettamente riconducibili a tali datori di lavoro.

Attenzione però: anche in questo caso ci sono delle eccezioni. Se infatti vuoi aprire partita IVA forfettaria dopo aver svolto un periodo di praticantato obbligatorio per l’iscrizione in un albo o ordine, la regola di cui sopra viene meno.

Regime forfettario per dipendenti pubblici e privati: regole diverse

Per fornirti una “bussola” utile per addentrarti nel mondo del lavoro autonomo, dobbiamo soffermarci anche sulle regole relative al rapporto tra contratto da dipendente e partita IVA.

Dipendenti del settore privato

Sei un dipendente del settore privato? Dovrai in primo luogo rispettare il patto di non concorrenza: non potrai svolgere attività di lavoro autonomo che siano in concorrenza diretta con quelle della tua azienda.

Prendiamo quindi come esempio il caso di un dipendente di un’azienda che si occupa di sviluppare software; nell’ambito della propria attività autonoma, non potrà effettuare le medesime prestazioni nei confronti degli stessi clienti.

Ti invitiamo inoltre a tenere a mente che il dipendente è tenuto a rispettare il dovere di fedeltà nei confronti del datore di lavoro, astenendosi dal trattare affari in concorrenza ma anche dal divulgare informazioni riservate.

Queste le regole generali da ricordare, ma ti consigliamo di verificare sempre se il tuo contratto prevede limiti specifici e ulteriori.

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Dipendenti del settore pubblico

Sei un dipendente pubblico? In questo caso il discorso è più articolato.

Di base, infatti, chi lavora nella Pubblica Amministrazione è tenuto a rispettare il principio di esclusività del rapporto di lavoro. Ciò significa quindi che i dipendenti pubblici a tempo pieno non possono aprire una partita IVA.

Questo divieto viene meno in alcuni casi, come nel caso dei dipendenti con contratto part-time al 50 per cento dell’orario pieno o inferiore, dei docenti universitari o ancora degli insegnanti che scelgono di svolgere una professione direttamente collegata alla materia insegnata (ad esempio, la professione di commercialista per chi insegna economia o matematica).

La norma che regola le incompatibilità tra il lavoro pubblico e il lavoro autonomo è contenuta nell’articolo 53 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, che prevede inoltre alcune esclusioni ulteriori alla regola generale.

A titolo di esempio quindi, dal divieto di apertura della partita IVA sono esclusi i dipendenti che intendono collaborare con giornali o riviste. Stessa deroga anche per l’utilizzo di opere dell’ingegno, così come per la partecipazione a convegni, seminari, incarichi sindacali, attività di formazione o prestazioni sportive fino al limite di 5.000 euro annui.

In questi casi ti è quindi concesso di affiancare al lavoro da dipendente pubblico quello in forma autonoma.

In ogni caso è bene evidenziare che l’attività autonoma, quando ammessa, deve risultare occasionale e non prevalente e deve svolgersi fuori dall’orario di servizio.

La possibilità per i dipendenti pubblici di svolgere attività di lavoro autonomo deve poi essere autorizzata dall’amministrazione di appartenenza, con una richiesta dettagliata da presentare all’ufficio del personale.

Regole

Dipendenti Privati

Dipendenti Pubblici

Permesso Generale Generalmente consentito, con riserve. Tutti in un unico posto
Autorizzazione del Datore Nessun obbligo legale generale, ma informare è raccomandabile. Obbligatoria, attività autonoma previa autorizzazione.
Conflitto di interessi Obbligo di evitare conflitti con gli interessi del datore (Art. 2105 CC). Obbligo di evitare conflitti con gli interessi della Pubblica Amministrazione; controllo più rigoroso e principio di esclusività (Art. 53 DLgs 165/2001).
Tipologia di Attività Non deve essere direttamente concorrenziale. Più restrizioni in base alla professione (es. insegnanti), deve essere temporanea e occasionale, fuori orario di servizio e non interferire con la PA.

Dipendente con partita IVA forfettaria: quali e quanti contributi?

Analizzate le regole fiscali e quelle relative agli aspetti contrattuali, è bene fare un focus sulle implicazioni in materia previdenziale.

Quali e quanti contributi devi pagare se apri una partita IVA in regime forfettario e sei già titolare di un contratto di lavoro dipendente?

Specifichiamolo subito: se vuoi aprire una ditta individuale e dovrai quindi iscriverti alla Gestione INPS artigiani e commercianti, potresti essere esonerato totalmente dal versamento dei contributi in relazione alla partita IVA.

Questo però solo se il tuo contratto da lavoro dipendente è a tempo indeterminato e full time rispetto al CCNL di appartenenza. In caso contrario dovrai pagare i contributi INPS secondo le aliquote specifiche previste dalla gestione di riferimento.

Se invece vuoi aprire partita IVA come libero professionista, e dovrai quindi iscriverti alla Gestione separata INPS, non sono previsti esoneri. Dovrai pagare un contributo pari al 24 per cento, sulla base però del fatturato e senza importi fissi.

Regole diverse sono invece previste per chi svolge attività regolamentate, soggette all’obbligo di iscrizione ad Albi e Ordini, dotati di proprie Casse di previdenza.

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Tassazione e detrazioni in regime forfettario

Arrivati a questo punto riteniamo utile spiegarti, in breve, altri due concetti sul regime forfettario.

Come abbiamo già analizzato in apertura, la tassazione prevista è molto bassa: si applica un’imposta fissa del 5 per cento per le nuove attività e del 15 per cento negli altri casi.

Attento però: non solo l’imposta è forfettaria ma anche il reddito imponibile, ciò quello sul quale applicare la tassazione.

Per calcolare il reddito imponibile dovrai applicare ai ricavi un coefficiente di redditività specifico in base al codice ATECO dell’attività svolta, sottraendo i contributi previdenziali obbligatori.

Se applichi il regime forfettario non potrai beneficiare di detrazioni o deduzioni per spese.

Un effetto collaterale che però viene superato agevolmente per chi, come te, percepisce anche redditi da dipendente. Su queste somme resta infatti possibile applicare le agevolazioni IRPEF in fase di presentazione della dichiarazione dei redditi.

Come funziona esattamente il calcolo delle tasse di un forfettario? Lo approfondiremo nel prossimo capitolo.